Formazione per immigrati: un futuro multietnico
Gli extracomunitari e la formazione per immigrati
L’altro giorno ho pensato ad una particolare formazione che è la formazione per immigrati. Parlando con mia madre, che ci è andata a capodanno, mi sono reso conto che a Milano ci sono locali multietnici che offrono piatti e intrattenimento per più nazionalità. È un po’ come andare in un ristorante e trovare 4 menù, di cui uno italiano, uno brasiliano, uno giapponese, e uno messicano. Credo che questo sarà, in futuro, l’orientamento di molte delle attività ricettive, così come già avviene ormai in molti negozi e nella grande distribuzione di alimentari. Esistono infatti supermercati che offrono già tutta una serie di materie prime esposte in appositi stand o zone ritagliate del locale, dedicati alle diverse nazionalità.
Da diversi anni, con la mia Onlus, sto mandando avanti un progetto per cercare di sensibilizzare quante più persone possibili sia nel mondo della politica, che in quello della filantropia, per affrontare il problema della formazione per immigrati, o extracomunitari, che vengono accolti in massa senza disciplina, senza protocolli e senza un percorso di inserimento, nel nostro Paese.
La soluzione che secondo me dovrebbe essere adottata, sarebbe quella di creare nelle zone di frontiera (non dimentichiamoci che il nostro Paese è quello con la più alta percentuale in Europa di confini bagnati dal mare rispetto a tutto il territorio nazionale), alcuni luoghi appositamente creati, come ad esempio capannoni appositamente allestiti, dove coloro che arrivano nel nostro Paese possano usufruire della formazione per immigrati per essere adeguatamente instradati e preparati affinché possano più agevolmente integrarsi nel nostro tessuto sociale come parte attiva e produttiva e non, come invece accade ora, come parte passiva, spesso improduttiva e sovvenzionata con denaro pubblico senza ricevere alcuna contropartita. Bisognerebbe far sì che tutti coloro che arrivano nel nostro Paese, possano imparare le basi della nostra lingua, della nostra cultura, della comunicazione efficace, degli usi e costumi e, perché no, anche del nostro sistema, finanziario e fiscale, attraverso un percorso specializzato per la formazione per immigrati.
La formazione per immigrati, riguardante la comunicazione efficace, chiaramente è l’aspetto che a me è più caro, perché ritengo che chi arriva nel nostro paese, senza denaro, senza lavoro e senza sapere la lingua abbia bisogno più degli altri di capire come comunicare, come ascoltare, come gestire i conflitti, per non diventare loro stessi una fonte di contrasto e di conflitto.
Qualcuno potrebbe obiettare: ma come si può finanziare un’operazione del genere? Come si potrebbe organizzare la formazione per immigrati e chi la farebbe?
Io credo che di denaro pubblico se ne sprechi fin troppo, e, in ogni caso, allestire dei capannoni non credo che sia un’impresa finanziariamente titanica. In più, per quanto riguarda il mondo della docenza, ci sono migliaia di insegnanti in esubero, che non percepiscono alcuno stipendio, in quanto iscritti in infinite liste di attesa. Per non parlare, poi, della grande massa di insegnanti privati, che spesso sono senza lavoro perché hanno difficoltà ad avere incarichi per svolgere il loro lavoro di docenti. Invece di spendere 35 euro al giorno per ogni extracomunitario che arriva nel nostro Paese (soldi, beninteso non dati agli immigrati, ma alle cooperative che gestiscono i flussi) perché non darli a questi insegnanti che possono contribuire alla formazione per immigrati, persone che arrivano impreparate, disorientate, anche purtroppo potenzialmente dedite alla delinquenza?
Io penso che abbiamo il diritto/dovere di prepararle, formarle, educarle a stare nel nostro Paese dando loro un minimo di competenza, che possa dar loro un inizio, uno stimolo, una speranza per integrarsi e avere gli strumenti per potersi mantenere da soli.
Un pò come quel vecchio aforisma che racconta dell’indiano e del mendicante:
“Il mendicante chiede all’indiano, che sta pescando, di dargli un pesce perché ha fame. Allora l’indiano gli dice: “Se ora ti do un pesce, domani me ne chiederai un altro perché avrai ancora fame; preferisco insegnarti ad usare la canna da pesca affinché tu possa procurarti da solo il cibo per tutti i giorni a venire”.
Se qualcuno pensa che quello che ho appena detto sia irrealizzabile, impossibile o non finanziabile, si vada a leggere la storia, perchè quello che ho detto non me lo sono inventato, ma è stato già fatto: l’hanno fatto gli americani, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, con più di 12 milioni di immigrati che arrivarono da 50 paesi di tutto il mondo. Ellis Island (dove c’è la Statua della libertà) era il punto dove venivano accolti, visitati e dove i profughi vivevano per un limitato periodo di tempo, durante il quale erano formati e preparati alla cultura americana, insegnando loro gli usi e i costumi del paese che li avrebbe accolti, creando così un protocollo di formazione per immigrati del quale vi sto parlando.
Credo che questa sia una forma dovuta di civiltà nel rispetto di tutti gli italiani e stranieri che abitano e sono nati nel nostro paese e che tutti i giorni lavorano con il sudore della fronte e rispettando le leggi e gli usi e costumi senza lamentarsi, nonostante loro non abbiano potuto seguire nessuna formazione per immigrati specifica.
Al prossimo articolo!
Gli extracomunitari e la formazione per immigrati
L’altro giorno ho pensato ad una particolare formazione che è la formazione per immigrati. Parlando con mia madre, che ci è andata a capodanno, mi sono reso conto che a Milano ci sono locali multietnici che offrono piatti e intrattenimento per più nazionalità. È un po’ come andare in un ristorante e trovare 4 menù, di cui uno italiano, uno brasiliano, uno giapponese, e uno messicano. Credo che questo sarà, in futuro, l’orientamento di molte delle attività ricettive, così come già avviene ormai in molti negozi e nella grande distribuzione di alimentari. Esistono infatti supermercati che offrono già tutta una serie di materie prime esposte in appositi stand o zone ritagliate del locale, dedicati alle diverse nazionalità.
Da diversi anni, con la mia Onlus, sto mandando avanti un progetto per cercare di sensibilizzare quante più persone possibili sia nel mondo della politica, che in quello della filantropia, per affrontare il problema della formazione per immigrati, o extracomunitari, che vengono accolti in massa senza disciplina, senza protocolli e senza un percorso di inserimento, nel nostro Paese.
La soluzione che secondo me dovrebbe essere adottata, sarebbe quella di creare nelle zone di frontiera (non dimentichiamoci che il nostro Paese è quello con la più alta percentuale in Europa di confini bagnati dal mare rispetto a tutto il territorio nazionale), alcuni luoghi appositamente creati, come ad esempio capannoni appositamente allestiti, dove coloro che arrivano nel nostro Paese possano usufruire della formazione per immigrati per essere adeguatamente instradati e preparati affinché possano più agevolmente integrarsi nel nostro tessuto sociale come parte attiva e produttiva e non, come invece accade ora, come parte passiva, spesso improduttiva e sovvenzionata con denaro pubblico senza ricevere alcuna contropartita. Bisognerebbe far sì che tutti coloro che arrivano nel nostro Paese, possano imparare le basi della nostra lingua, della nostra cultura, della comunicazione efficace, degli usi e costumi e, perché no, anche del nostro sistema, finanziario e fiscale, attraverso un percorso specializzato per la formazione per immigrati.
La formazione per immigrati, riguardante la comunicazione efficace, chiaramente è l’aspetto che a me è più caro, perché ritengo che chi arriva nel nostro paese, senza denaro, senza lavoro e senza sapere la lingua abbia bisogno più degli altri di capire come comunicare, come ascoltare, come gestire i conflitti, per non diventare loro stessi una fonte di contrasto e di conflitto.
Qualcuno potrebbe obiettare: ma come si può finanziare un’operazione del genere? Come si potrebbe organizzare la formazione per immigrati e chi la farebbe?
Io credo che di denaro pubblico se ne sprechi fin troppo, e, in ogni caso, allestire dei capannoni non credo che sia un’impresa finanziariamente titanica. In più, per quanto riguarda il mondo della docenza, ci sono migliaia di insegnanti in esubero, che non percepiscono alcuno stipendio, in quanto iscritti in infinite liste di attesa. Per non parlare, poi, della grande massa di insegnanti privati, che spesso sono senza lavoro perché hanno difficoltà ad avere incarichi per svolgere il loro lavoro di docenti. Invece di spendere 35 euro al giorno per ogni extracomunitario che arriva nel nostro Paese (soldi, beninteso non dati agli immigrati, ma alle cooperative che gestiscono i flussi) perché non darli a questi insegnanti che possono contribuire alla formazione per immigrati, persone che arrivano impreparate, disorientate, anche purtroppo potenzialmente dedite alla delinquenza?
Io penso che abbiamo il diritto/dovere di prepararle, formarle, educarle a stare nel nostro Paese dando loro un minimo di competenza, che possa dar loro un inizio, uno stimolo, una speranza per integrarsi e avere gli strumenti per potersi mantenere da soli.
Un pò come quel vecchio aforisma che racconta dell’indiano e del mendicante:
“Il mendicante chiede all’indiano, che sta pescando, di dargli un pesce perché ha fame. Allora l’indiano gli dice: “Se ora ti do un pesce, domani me ne chiederai un altro perché avrai ancora fame; preferisco insegnarti ad usare la canna da pesca affinché tu possa procurarti da solo il cibo per tutti i giorni a venire”.
Se qualcuno pensa che quello che ho appena detto sia irrealizzabile, impossibile o non finanziabile, si vada a leggere la storia, perchè quello che ho detto non me lo sono inventato, ma è stato già fatto: l’hanno fatto gli americani, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, con più di 12 milioni di immigrati che arrivarono da 50 paesi di tutto il mondo. Ellis Island (dove c’è la Statua della libertà) era il punto dove venivano accolti, visitati e dove i profughi vivevano per un limitato periodo di tempo, durante il quale erano formati e preparati alla cultura americana, insegnando loro gli usi e i costumi del paese che li avrebbe accolti, creando così un protocollo di formazione per immigrati del quale vi sto parlando.
Credo che questa sia una forma dovuta di civiltà nel rispetto di tutti gli italiani e stranieri che abitano e sono nati nel nostro paese e che tutti i giorni lavorano con il sudore della fronte e rispettando le leggi e gli usi e costumi senza lamentarsi, nonostante loro non abbiano potuto seguire nessuna formazione per immigrati specifica.
Al prossimo articolo!