La Profilazione non serve a nulla
BASTA CON QUESTI MOTIVATORI!
Purtroppo a volte sento dire: ma a che serve la Profilazione? Che è ‘sta profilazione? Sarà la solita fuffa che serve solo a spremere soldi alle persone e alle aziende, tipica dei motivatori imbonitori che non serve a nulla!
Purtroppo ci sono molti di questi motivatori, venditori di fumo in giro e si rischia di fare di tutta un erba un fascio.
In me non troverai uno di questi motivatori che ti fa spendere soldi per farti ballare, cantare, saltare in aula fino a notte fonda, urlare e tirare fuori la parte più infantile. Le persone che vogliono migliorare nella loro vita quotidiana hanno bisogno di sapere, di capire, di avere competenze, non di camminare su braci ardenti. Non di questi motivatori.
Dico basta proprio a questi motivatori che mungono le persone come mucche, facendosi pagare migliaia di euro e tenendoli a un guinzaglio emotivo, per dare loro solo un po’ di ottimismo e qualche blanda tecnica di comunicazione efficace, raccontando che i grandi del passato facevano le stesse cose. I grandi del passato non facevano corsi di comunicazione, non andavano dai motivatori, non gridavano e urlavano in una location teatrale e non camminavano sui fuochi ardenti. Erano grandi perché facevano cose straordinarie, senza avere motivatori invasati che spillavano loro molti dei lori risparmi.
Io, invece, ti dirò come funziona la Profilazione e i processi che la regolano. Ti dirò come “funzionano” le persone, me e te compresi, affinchè tu possa capire da solo e sapere cosa fare in ogni situazione. Ti dirò come motivarti da solo senza doverti rivolgere a motivatori pronti a spillarti denaro per darti qualche formula palliativa.
Per farti un esempio, un giorno, quasi per caso, ho deciso di andare a prendere lezioni di equitazione. Cosa mi ha motivato? Come si può diventare motivatori di se stessi?
Il cavallo mi ha sempre affascinato e avere l’occasione di imparare a cavalcare per stare vicino a questo animale meraviglioso mi allettava. Ho cominciato a prendere lezioni. Un giorno, nel maneggio, ho assistito a questa scena: uno degli allenatori del maneggio stava portando una cavalla al suo box. La cavalla era irrequieta, irritabile, nervosa e impaurita da tutto. Sento l’allenatore fare un commento del tipo “Questa è una grande cavalla, ma è troppo sensibile e nervosa: nessuno vuole montarla, peccato! Dovremo darla via”.
Il giorno dopo mi ritrovo a letto con la febbre alta, per una normale influenza. Nel dormiveglia mi salgono alla memoria le immagini della cavalla e queste parole: “E se la prendessi io?”.
Dopo un paio di giorni, rimessomi dalla malattia, sento una strana energia e una voglia impressionante di agire, proprio tipica della passione che sta alla base dell’essere motivati, torno al maneggio e vado dalla proprietaria del maneggio e le dico: “Voglio quella cavalla!”. E lei: “Non te la consiglio, è troppo elettrica per te. Tu sei ancora alle prime armi e lei è una cavalla per cavalieri esperti”. Allora ribatto: “Non importa. Imparerò con lei”.
A nulla sono valse tutte le sue resistenze: Orthos diventò mia.
Lì inizio un piccolo calvario. Ore e ore di lezioni, cadute (per fortuna senza gravi conseguenze) e scarsi risultati: io imparavo lentamente e la cavalla non si calmava e non riuscivo a gestirla con efficacia. Ma non demordevo. Pensavo “quasi quasi mi rivolgo a uno di quei motivatori per capire come comportarmi……..”, ma per fortuna ho lasciato perdere.
Ho cominciato, allora, a informarmi sul comportamento dei cavalli e del perché in alcuni casi potessero essere così nervosi e irritabili da essere quasi inutilizzabili. Ho fatto un corso di psicologia equina, a Milano. Ho imparato il linguaggio non verbale dei cavalli e ho scoperto, così, che la cavalla era traumatizzata da qualcosa.
Su suggerimento della proprietaria del maneggio, invece di montarla ho cominciato a portarla a passeggio tutti i pomeriggi. Ogni giorno andavo a trovarla, la portavo fuori a brucare e a passeggiare. Le prime volte facevo fatica a contenerla e si spaventava per tutto, anche di un uccellino che le passava vicino. Ogni volta la accarezzavo, rassicurandola.
Ci sono voluti due anni, ma che soddisfazione, poi!
Ricordo ancora quando ho vinto la mia prima gara di salto ostacoli con lei: eravamo finalmente un binomio come si dice in gergo equino. Momenti di pura felicità.
Tempo dopo capii che il giorno in cui decisi di acquistare Orthos scattò in me un meccanismo psicologico noto in psicologia divulgativa come “Gioco di ruolo”. Gli studi di psicologia suggeriscono attraverso lo studio dell’Analisi Transazionale (il 4° pilastro della profilazione) che tutti noi abbiamo tre stati dell’io (Genitore, Adulto e Bambino), in più tendiamo a recitare, in vari contesti, tre ruoli in modo alternato o continuativo: la vittima, il persecutore e il salvatore. La particolarità di tali meccanismi psicologici è che nell’ambiente e nel contesto di riferimento tendono a completarsi a vicenda. La conoscenza di questi meccanismi, consente di capire che in ambiente personale, come in quello lavorativo, esiste chi interpreta il ruolo di vittima accusando un persecutore e cercando un salvatore a cui appoggiarsi. Pensa alle varie favole tradizionali come Cenerentola, La bella Addormentata nel bosco, Biancaneve: hanno tutti lo stesso cliché: c’è una vittima, un persecutore e un salvatore. Sono la base dei giochi di ruolo che interpretiamo nella nostra vita senza rendercene conto.
A volte quello che al lavoro interpreta inconsciamente il ruolo del persecutore, a casa, magari assume il ruolo della vittima, perché quello di persecutore è interpretato del partner. È interessante capire che quando c’è una vittima vuol dire che c’è un persecutore che viene cercato e identificato: qualcuno di cui lamentarsi! Così come spesso chi si proclama salvatore (“se non era per me….”) lo fa perché cerca e vuole trovare una vittima da salvare.
Nel mio caso, quando acquistai Orthos, scattò in me il ruolo di salvatore. Dovevo salvarla.
Il fatto è che questi meccanismi psicologici sono in qualche modo creati da noi inconsapevolmente, a seconda di quello che l’ego e l’inconscio suggerisce essere il comportamento più funzionale alla sopravvivenza. Per esempio a volte siamo noi che, cerchiamo una vittima per poter essere salvatori e soddisfare, così l’esigenza psicologica e la soddisfazione emotiva di interpretare quel ruolo. Il punto è che non sempre questi ruoli interpretati ci fanno stare bene e spesso ci condannano all’infelicità. Conoscere tali meccanismi ci aiuta, invece, a profilarci, a conoscerci e capire che ruolo stiamo interpretando e quindi cambiarlo, diventando consapevoli e agendo in modo funzionale per noi. Direi che non ha senso interpretare il ruolo della vittima ed essere malmenato continuamente, anche per scherzo, da un gruppo di miei amici che si comportano da persecutori e continuare a essere loro amico, non credi? O ti fai rispettare o cambi amici!
A proposito, funziona anche profilando gli altri per capire con chi abbiamo a che fare!
Buona Profilazione, altro che motivatori!