RAZZISMO: ESISTE DAVVERO COME TALE?
Cosa provoca il razzismo?
Da cosa deriva l’essere razzista?
Chi tra quelli che conosciamo giudichiamo razzista?
O addirittura un po’ pensiamo di esserlo anche noi?
Giudicare o accusare qualcuno di razzismo solitamente significa additare, catalogare e affibbiare un’etichetta, con un’accezione fortemente negativa a qualcuno che osteggia qualcuno che non fa parte del nostro gruppo etnico o culturale o religioso. Quindi chi ha la pelle diversa dalla nostra, chi parla o si comporta in modo diverso dal nostro, arrecandoci, attraverso il suo comportamento un danno diretto o indiretto, anche con la sola presenza lo consideriamo una minaccia.
Il comportamento tipico del razzismo ha basi profonde nella nostra società, ma, come accertato dagli studi, non è un tratto genetico, quanto piuttosto un comportamento appreso sia dal modello culturale nel quale cresciamo e viviamo, sia dall’educazione, dalle tradizione, e anche dalle conseguenze delle esperienze che abbiamo vissuto.
Se fossi un anti-razzista convinto e, ahimè, un extracomunitario stuprasse, uccidesse, rapinasse una persona a me molto cara, causandogli un danno e causando a me molta sofferenza e dolore, a meno di non avere un autocontrollo esemplare, il mio cervello tenderebbe a generalizzare determinate caratteristiche dell’aggressore riguardo al sesso, alla nazionalità, al colore della sua pelle, alle sue origini, al suo modello culturale e così via ragionando in modo “razzista”. E probabilmente arriverei quasi a odiare la categoria etnica a cui appartiene l’aggressore.
Così, ad esempio, se entrassero in casa mia degli zingari, dei drogati, dei senegalesi o anche un gruppo di svedesi, di napoletani o di veneti e mi arrecassero sofferenza e danni, il mio cervello, che impara dall’esperienza, avrà la tendenza a generalizzare l’esperienza e a ritenere una minaccia futura ogni qualvolta io dovessi avere a che fare con degli zingari, dei drogati, dei senegalesi, degli svedesi, dei napoletani e anche dei veneti. Ricordo chiaramente nella mia famiglia una zia che era sposata con un veneto e che era maltrattata, appunto, dal marito e ciò avvenne fino al loro divorzio. Ebbene in tutta la famiglia si era subito creata la convinzione che tutti i veneti fossero potenzialmente violenti. Questa convinzione, potenzialmente tipica del razzismo, l’ho avuta anch’io finché nella mia vita non ho conosciuto veneti assolutamente pacifici e di buon carattere che non avrebbero fatto del male a una mosca.
Sono quasi sicuro che anche tu che leggi stai giudicando giusto o sbagliato quello che scrivo a seconda delle tue convinzioni, in fatto di esperienze che hai vissuto, in modo diretto o indiretto nella tua vita, e che stai pensando di essere o non essere oggetto o sostenitore del razzismo, come magari anche in relazione a diverse persone che ti vengono in mente.
Ad esempio se sei del nord è altamente probabile che ti sei fatto/a una certa idea dei cosiddetti meridionali pensando che i napoletani sono così, i siciliani sono cosà, eccetera. Viceversa se tu che mi leggi sei nativo e vivi nel sud Italia penserai certe cose dei milanesi, altre dei torinesi, altre ancora dei veneti, e così via. Questo ti definisce quindi un razzista?
Tutto questo è razzismo? Che ruolo ha il cervello in tutto questo?
Un ruolo fondamentale. La risposta sta nei nostri meccanismi neuronali che sono strutturati per apprendere velocemente rispetto alle esperienze che ho vissuto, a ciò che ho visto, sentito e che hanno creato in me emozioni negative o positive.
Ad esempio se sono nato a Napoli, e sono vissuto in una famiglia che da generazioni è napoletana ,è molto difficile che io creda che “Tutti i napoletani sono ladri”. Ma è altrettanto vero che se sono nato a Bergamo e che da quando sono nato mi hanno insegnato, ho visto, ho verificato che molti extracomunitari che vivono nella mia città sono spesso oggetto di crimini, che rispettano poco la mia cultura di paese ospitante e che addirittura lavorano quando io non trovo lavoro, ecco che per me, per il mio cervello diventa una generalizzazione pensare: “gli extracomunitari sono solo una piaga”. Se lo dicessi mi taccerebbero certamente di razzismo. E pensate se, magari, mia figlia dovesse conoscere e si innamorarsi di un extracomunitario, come potrei reagire! E’ altrettanto vero che passato il primo momento, se il fidanzato di mia figlia si comportasse in linea con le mie regole e convinzioni (persona corretta che non commette crimini, che non ruba il lavoro agli altri, che rispetta la mia cultura) ecco che la componente di razzismo verso gli extracomunitari verrebbe messa in dubbio fino magari scomparire del tutto.
Dopo avere studiato il cervello per anni, aver esaminato il problema da varie angolazioni, psicologica, neurologica, evoluzionistica, genetica e comportamentale, senza essere un dottore, uno psicologo o un evoluzionista, ho fatto queste riflessioni:
- se sono stato morso da un cane da piccolo è probabile che abbia paura di tutti i cani per tutta la vita; è anche possibile che io li detesti e che pensi che tutti i cani sono pericolosi.
- se sono una persona di colore e un bianco si è reso protagonista di violenze nei confronti di alcuni mie cari avrò paura di ogni bianco ed è probabile che io li consideri una minaccia; è altamente probabile che io pensi che tutti i bianchi sono pericolosi.
- se sono un musulmano e ho letto la storia dal mio punto di vista, è molto probabile che pensi che tutti i cristiani abbiano costretto con la forza molte persone a convertirsi e che quindi siano nemici della mia fede; penserò che tutti i cristiani sono da abbattere.
- se a un certo punto della mia vita finisco in un vespaio e vengo punto da molte vespe è praticamente sicuro che da qual momento in poi ovunque andrò mi guarderò intorno per capire se ci sono vespe in circolazione; e da quel momento in poi la mia convinzione assoluta sarà che tutte le vespe sono insetti pericolosi.
- se sono un napoletano che emigra in Germania per lavoro e lì c’è la convinzione che i napoletani sono tutti ladri farò molta fatica a trovare lavoro. Ma se andassi a lavorare in Nuova Zelanda, dove non sanno nulla dei napoletani, a parità di condizioni non avrò grossi problemi a trovare lavoro. Eppure sempre napoletano sono………
Quindi ragionando razionalmente senza essere condizionato dalle mie esperienze posso dire che:
- non è vero che tutti i cani sono pericolosi.
- non è vero che tutti i bianchi sono pericolosi.
- non è vero che tutti i cristiani sono da abbattere
- non è vero che tutte le vespe sono insetti pericolosi
- non è vero che tutti i napoletani sono ladri
Quindi le mie conclusioni sono che:
- per quanto riguarda la definizione di razzista, il razzismo come lo descriviamo e conosciamo è solo una categorizzazione linguistica strumentale, un giudizio linguistico che diamo per giudicare chi è intollerante vero la diversità; in realtà siamo tutti potenzialmente razzisti e xenofobi, nei confronti di tutto ciò che per noi è diverso o è una minaccia perché il nostro cervello è strutturato da madre natura per considerare tutto ciò che è diverso, tutto ciò che arreca danno e sofferenza come qualcosa da cui fuggire o qualcosa contro cui lottare. In definitiva siamo tutti potenzialmente vittime dell’amigdala e dei nostri meccanismi cerebrali di difesa.
- chi è invece oggetto di razzismo si dovrebbe maggiormente responsabilizzare e non lamentarsi di essere vittima di pregiudizio, perché se la cultura del luogo ospitante individua la persona come una minaccia lui purtroppo subirà il pregiudizio, in ogni caso. E’ per ora impossibile pretendere un allineamento culturale anche formativo globale, anche con tutti gli sforzi dei governi, perché la componente di diversità=minaccia per il nostro cervello è sempre presente in quanto figlia delle esperienze. Quindi, ad esempio, se io fossi napoletano e andassi in Germania e non volessi essere oggetto di razzismo dovrei cercare io per primo di conoscere prima possibile le regole, la cultura, la lingua, gli usi e costumi, l’atteggiamento, le norme del paese che mi sta ospitando. Magari il governo tedesco potrebbe agevolare questo mio sforzo e di questo ne ho parlato in un articolo che ti invito a leggere. E’ anche vero che se sono albanese e decido di emigrare in Italia dovrei fare come il napoletano in Germania, conoscere le regole, adattarmi, ecc.
Forse tu che mi leggi non condividerai quello che ho scritto. In ogni caso dopo averlo letto converrai che:
- se sei potenzialmente oggetto di razzismo non fare la vittima, non piangerti addosso, cerca di adeguarti alle regole, alle norme, ma soprattutto agli usi e costumi del luogo dove sei; non lamentarti se però, non facendolo, la gente ti detesterà o vorrà che torni a casa tua.
- se sei giudicato divulgatore o sostenitore del razzismo sappi che non è una giustificazione il fatto che il tuo cervello sia biologicamente razzista perché è una sua arma di difesa, ma cerca di usare la parte razionale del tuo cervello e cerca di capire che NON SI PUO’ GENERALIZZARE né si può fare di tutta l’erba un fascio, come purtroppo ti suggerisce ahimè la parte più antica del tuo cervello, (il cosiddetto cervello rettile) quella deputata all’emotività: se ti senti a disagio, o irritato o rabbioso, rispetto a chi è diverso da te, devi usare la ragione e la logica; la sofferenza, i danni e i reati sono causati dalle persone non dalle culture.
Se non sei d’accordo con me, rispetto in ogni caso il tuo pensiero. Magari puoi dirmi che ne pensi nei commenti.
Alla prossima.
Francesco